ilario lombardo
roma
È tornare alle origini, ma creando qualcosa che sembri nuovo, moderno, contemporaneo. Un partito di centrodestra, moderato, liberale, giovane, attento all’impresa, fresco. Se fosse il 1994, questa sarebbe la storia della nascita di Forza Italia. Nel 2024, è la storia della nascita della Nuova Forza Italia, o della “Cosa” berlusconiana, o come si chiamerà se avrà un nome diverso. Stesse persone e stesso cognome, anche se di generazioni diverse. Un anno dopo la morte del fondatore e patriarca Silvio, il figlio Pier Silvio sogna di rinverdire l’utopia politica che il papà alimentò con le tv, senza mai sanare uno dei più giganteschi conflitti di interesse dell’Occidente. Paolo del Debbio, conduttore, intellettuale prestato alla famiglia Berlusconi, è stato incaricato di rinfrescare il Manifesto dei valori fondativi del partito azzurro, a cui sempre lui in prima persona contribuì trent’anni fa. Ci sono stati anche una serie di incontri, nelle stanze di Largo del Nazareno a Roma, dove ha lo studio Gianni Letta, e dove, quando passa a Roma, si ferma Fedele Confalonieri. Tutti e tre– Letta (braccio destro del Cavaliere nella giungla romana), Del Debbio e Confalonieri (l’amico di infanzia , presidente Mediaset protettore degli interessi aziendali) – si sono visti e confrontati, sulle intenzioni dei due figli maggiori dell’ex premier, scomparso nel giugno 2023.
Di questi incontri e dei progetti che li animano sono informati persino dentro Fratelli d’Italia e dunque è lecito immaginare che la voce sia giunta a Giorgia Meloni. Giorni fa, una fonte di FdI a conoscenza delle faccende di casa Mediaset confessava l’imminenza di una presa di posizione di Pier Silvio, anticipando gran parte di quello che meno di 48 ore dopo l’amministratore delegato di Mediaset avrebbe sostenuto durante la presentazione dei palinsesti del Biscione. Lo spazio politico al centro, la necessità di liberarsi dell’ombra di Meloni e di non restare schiacciati dai nazionalismi, l’europeismo, le bacchettate al segretario di Forza Italia Antonio Tajani che ancora non è riuscito a ringiovanire i volti del partito, la presa liberale e libertaria sui diritti Lgbtq, su aborto e fine vita, che confermano le parole della sorella Marina Berlusconi al Corriere («in questo mi sento in sintonia di più con la sinistra di buon senso»). Tutto scritto, tutto previsto. E Tajani qualcosa sapeva.
Dietro lo sfogo di Berlusconi jr c’è un piano che ha una direzione, ma ancora non una forma definita. C’è la tentazione della politica, ma anche la consapevolezza di non avere (per ora) il talento istrionico e il carisma ultrapop del padre. Un anno fa, dopo la scomparsa del fondatore, il figlio commissionò un sondaggio su una sua ipotetica discesa in campo. A quanto dicono fu, letteralmente, un disastro. Resta la fascinazione per l’impegno politico, ammessa candidamente l’altro giorno a Milano. Ma poi? Vanno messi in fila i fatti degli ultimi mesi, partendo dall’ipotesi di vendita di Mediaset.
Prima del dicembre 2023, nei giorni in cui sembrava che il polo tv sarebbe finito in mano ai tedeschi, dentro FI si cominciò a credere a un possibile futuro politico di Pier Silvio. Il partito era in crisi e pochi confidavano nelle doti di Tajani. Venne commissionato un altro sondaggio, uno dei tanti di Mediaset, attraverso società demoscopiche, analisti ed esperti di social. La famiglia temeva l’usura del brand e del simbolo Forza Italia, che invece mostrò un’inaspettata resilienza. La vera eredità paterna. Passa altro tempo, Forza Italia in alcuni sondaggi risulta sotto il 5 per cento. Un dramma. E così, in preparazione delle Europee, si testano le performance da leader di Tajani, in una sfida tutta interna al centrodestra, quindi confrontandole con quelle di Meloni e del capo della Lega Matteo Salvini. Altra sorpresa: il ministro degli Esteri viene percepito come «una novità» maggiore rispetto agli altri due. La premier regge mentre per il leghista è un tracollo di consenso se misurato sulla sua persona. Alla fine avverrà il sorpasso. Tajani quasi al 10 per cento e sopra Salvini. Ma per Pier Silvio si può fare di più, anche perché i reduci del Terzo Polo, concorrenti al centro – Carlo Calenda e Matteo Renzi – hanno fallito. La legge sull’innalzamento del tetto pubblicitario alla Rai, voluta da Salvini, è stata letta ai vertici di Mediaset come una ritorsione contro questo attivismo.
In una commistione del tutto peculiare, tra famiglia Berlusconi, aziende e partito, che racconta di un conflitto di interessi permanente, Tajani sa di doversi adeguare. Anche perché sono stati i Berlusconi a garantire la sopravvivenza finanziaria degli azzurri. Nel mirino di Pier Silvio sono finiti gli uomini del vicepremier, come il fedelissimo Paolo Barelli o Maurizio Gasparri, considerati fuori linea rispetto alla nuova visione berlusconiana. Volti che non rispecchiano quell’esigenza di freschezza chiesta dall’erede. Non è un caso che, nella ridefinizione degli spazi tv, Del Debbio avrà nuovamente in mano la striscia quotidiana dell’access prime time, l’anno scorso laboratorio affidato a Bianca Berlinguer, nome dichiaratamente di sinistra scippato alla Rai. In quello spazio, Del Debbio potrà sperimentare nuove leve e volti inediti. Il casting parte anche da qui, alla maniera del Cavaliere. Qualche anno fa, sempre Pier Silvio provò ad abbassare il grado di populismo delle sue reti tv. Non funzionò. Del Debbio è stato uno degli artefici della cavalcata della nuova destra. Meloni gliene è grata. Qualche anno fa propose lui come candidato premier al posto di Silvio e il feeling, nel tempo, è rimasto, come si può vedere ogni volta che la premier è sua ospite. Inoltre, è in un suo studio che lei conobbe e si innamorò del padre di sua figlia, Andrea Giambruno, poi impallinato dalle sue proprie volgarità nei fuorionda di Striscia la Notizia, stessa azienda di cui è dipendente. Meloni non ha mai creduto al caso e alle scuse dei Berlusconi: una ferita che non si è rimarginata.