Il dibattito e i ruoli istituzionali
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di Claudia Voltattorni
In Italia sono 600 mila le abitazioni a uso turistico I comitati: «Sempre meno alloggi per i residenti» Intanto a Firenze scatta il divieto per le keybox.
A Firenze le hanno coperte con cerotti rossi e la scritta «salviamo Firenze x viverci». A Roma sono state nascoste da cappelli verdi come quelli di Robin Hood: «Sabotiamo il Giubileo dei ricchi». Pochi giorni dopo i cappelli di Robin Hood sono arrivati anche a Bologna: «Perché non diventi solo una città per ricchi». A Milano da mesi adesivi lilla e gialli ne segnalano la presenza e sabato una protesta ai Navigli ha ribadito il concetto: «Questa città non è un albergo». Da nord a sud, le «keybox» (o «lockbox») sono migliaia, appese su inferriate, finestre, portoni, ma anche su pali, lampioni, contatori elettrici. A Firenze ne hanno avvitata una perfino su una colonna storica. Sono piccole scatole di plastica che si aprono con una combinazione numerica e che contengono le chiavi per entrare in un appartamento affittato online per pochi giorni, ai turisti, ma non solo. Perfette per il self check-in, senza incontrare il proprietario.
Le regolePer il ministero del Turismo le strutture registrate in tutta Italia sono 559.450. L’Aigab, l’Associazione italiana gestori degli affitti brevi, ne conta 640 mila, pari a circa 2,5 milioni di posti letto. Il 96% appartiene a singoli proprietari, mentre il 25% è gestito da operatori professionali, in tutto i gestori (non proprietari) stimati sono 30 mila. Sono 600 mila le famiglie per le quali affittare un’abitazione per un brevissimo periodo si traduce in un’entrata integrativa, con una rendita media di 17 mila euro l’anno (nel 2023). Però, dice il presidente Marco Celani, «le case non utilizzate in Italia sono 9,6 milioni (su 35 milioni): immobili che i proprietari preferiscono tenere vuoti per non incorrere nei disagi dell’affitto a lungo termine, almeno gli affitti brevi danno un valore alle case». Ma da tempo i Comuni più coinvolti stanno cercando soluzioni per una gestione delle locazioni turistiche. Firenze fa da capofila avendo provato a bloccare la nascita di nuovi b&b nell’area Unesco, divieto fermato dal Tar: in attesa di una decisione, c’è la corsa dei proprietari a registrare la propria casa per poterla un giorno affittare, non si sa mai. A Venezia un regolamento (finora mai applicato) limita la locazione a 120 giorni l’anno. E Roma sta lavorando a un pacchetto di norme su spazi, licenze e quartieri.
Il codice identificativoAd oggi non esiste una regolamentazione nazionale del fenomeno. Cosa che invece viene richiesta un po’ da tutti, albergatori inclusi. Il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca invoca «una legge quadro», ma dando «ai sindaci il potere di regolamentare il fenomeno città per città, perché non sono tutte uguali». Dal canto suo, il ministero del Turismo ha istituito l’obbligo di un Cin, un codice identificativo nazionale, per le case da affittare per poco tempo, anche per far emergere il sommerso: finora sono stati rilasciati 325.005 Cin, il 58.09% delle strutture. E in caso di due o più immobili la tassazione sale (al 26% dal 21%). E però alle proteste la ministra Daniela Santanchè risponde: «La questione degli affitti brevi è molto delicata, la proprietà privata è sacra e mi viene difficile dire alle persone cosa devono fare a casa propria, però io dico: confrontiamoci».