Nei giorni scorsi, è trapelato che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, avrebbe fatto eliminare dal cosiddetto decreto Aiuti quater, già approvato dal Consiglio dei ministri, la norma che portava a cinquemila euro il tetto all’uso del contante. La norma non presentava i requisiti di «necessità e urgenza», previsti dalla Costituzione per i decreti-legge (art. 77), e sarà inserita nella legge di bilancio.

La sussistenza di «casi straordinari di necessità e urgenza» è oggetto una valutazione di tipo politico che spetta dal governo. Ciò non esclude, tuttavia, che la presenza di tale presupposto sia sindacabile dal presidente della Repubblica.

Quest’ultimo, ai sensi della Costituzione, promulga le leggi ed emana i decreti del Governo aventi valore di legge e i regolamenti. Anche la legge prevede che i decreti approvati dal Governo siano presentati per l’emanazione al Presidente della Repubblica.

Il potere di intervento sui decreti-legge è stato esercitato molte volte nel tempo da parte del Quirinale. Una serie di casi sono citati in una lettera scritta dal presidente Giorgio Napolitano, il 6 febbraio 2009, con riguardo al decreto Englaro. Poi ci sono i casi nei quali i presidenti hanno manifestato in via informale rilievi sull’emanazione di decreti-legge.

ALCUNI PRECEDENTI

Il primo caso di cui Napolitano dà conto è il rifiuto delpPresidente Sandro Pertini, nel 1980, di emanare un decreto-legge in materia di verifica delle sottoscrizioni delle richieste di referendum abrogativo. Il decreto avrebbe inciso su procedimenti referendari in corso, promossi dal Partito Radicale. Ancora Pertini, nel 1981, intervenne sull’utilizzo dello strumento del decreto-legge per la disciplina delle prestazioni di cura erogate dal Servizio sanitario nazionale.

Nel 1989, il Presidente Francesco Cossiga manifestò dubbi sulla presenza dei presupposti di necessità e urgenza per un decreto-legge in materia di profili professionali del personale dell’Anas.

Nel 1993, Oscar Luigi Scalfaro, con riguardo a un decreto-legge in materia di finanziamento dei partiti politici, invitò il governo a considerare l’uso di uno strumento più appropriato del decreto-legge.

Nel 2005, Carlo Azeglio Ciampi espresse contrarietà a un decreto-legge in materia di intercettazioni telefoniche, nonché di misure detentive per i giornalisti che diffondessero il contenuto di intercettazioni illegittime, perché mancante dei requisiti di necessità ed urgenza; e così pure per un decreto riguardante procedure di nomina del governatore della Banca d’Italia.

LA VICENDA DEL DECRETO ENGLARO

Il caso più noto di intervento, anzi di interventi, su un decreto-legge è quello relativo alla vicenda di Eluana Englaro, del 2009. Dopo la decisione della Corte d’Appello, confermata dalla Corte di Cassazione, che autorizzava l’interruzione del sostegno vitale artificiale alla donna, in coma da anni, e in concomitanza con l’inizio della procedura di interruzione, il Governo decise di adottare un decreto-legge per bloccare la procedura stessa, giustificandolo con la straordinaria necessità ed urgenza di «salvare una vita».

Poco prima dell’adozione dell’atto da parte dell’esecutivo, il Presidente della Repubblica scrisse una lettera al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, contenente le ragioni di ordine costituzionale che non gli avrebbero consentito di firmarlo: tra le altre, l’inesistenza dei presupposti di necessità ed urgenza, sia perché nessun fatto nuovo era intervenuto rispetto alla discussione parlamentare di un progetto di legge già avviato sul tema del «testamento biologico», sia perché una legge non poteva essere dettata dalla drammaticità di un singolo caso noto da tempo; inoltre, il rispetto del principio della divisione dei poteri non permetteva di disattendere una decisione giudiziaria definitiva sullo specifico caso.

Il Consiglio dei Ministri decise comunque di adottare il decreto. A quel punto, il Presidente della Repubblica rese noto che non avrebbe emanato il decreto, ponendo così fine al rimpallo decisionale.

GLI INTERVENTI DI MATTARELLA

Prima dell’intervento informale sulla norma relativa al tetto dei contanti, Mattarella aveva esercitato già in altre occasioni il suo potere su decreti-legge, e sempre in modo non ufficiale. Nel 2015, ad esempio, indusse il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al ritiro di un decreto in tema di scuola e di un altro di riforma del servizio pubblico radiotelevisivo, entrambi dal contenuto troppo eterogeneo, poi trasformati in disegni di legge governativi.

Nello stesso anno, Mattarella operò rilievi informali pure su un decreto in materia di rientro dei capitali dall’estero, nonché su uno relativo alle aziende in amministrazione straordinaria, sempre a causa della disomogeneità dei contenuti.

Più noti, poiché effettuati in via ufficiale, sono gli interventi di Mattarella in sede di emanazione di leggi di conversione. Nel luglio 2018, in sede di conversione del decreto Terremoto, il presidente scrisse una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, augurandosi «un intervento normativo idoneo a ricondurre a maggiore efficacia, in tempi necessariamente brevi, la disciplina in questione». Contestualmente all’emanazione della legge di conversione del decreto Sicurezza bis, il capo dello Stato inviò ai presidenti di Camera e Senato e al premier, Mario Draghi, una lettera con rilievi di natura costituzionale, auspicando miglioramenti.

Mattarella intervenne di nuovo nel settembre 2020 (decreto Semplificazione) e poi nel luglio 2021 (Misure urgenti connesse all’emergenza da Covid), rilevando in entrambi i casi la moltiplicazione di decreti-legge, adottati a distanza ravvicinata, con sovrapposizione e intreccio di fonti normative.

Nel secondo caso, il Colle si spinse a ventilare che, se in futuro gli fossero stati sottoposti provvedimenti «caratterizzati da gravi anomalie», sarebbe ricorso allo strumento del rinvio alle Camere per una seconda deliberazione.

Da ultimo, il presidente è intervenuto sul decreto Aiuti quater. Mattarella, come già in precedenti occasioni, ha preferito agire con discrezione, anche per evitare una sorta di delegittimazione delle decisioni dell’esecutivo, che avrebbe potuto indebolirlo. Ma il messaggio è chiaro: il garante della Costituzione non tollererà smagliature costituzionali. Il nuovo governo è avvisato.