Giuliano Balestreri
Prima che infuriasse la battaglia per Generali, e prima che Mps lanciasse un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca, Francesco Gaetano Caltagirone ha blindato il futuro della sua holding di partecipazioni. Una mossa anticipata dal Sole 24 Ore e confermata dal verbale di assemblea della Fgc Spa dello scorso 3 dicembre, consultato da La Stampa. Con il voto favorevole di tutti i soci, la società ha prima cancellato il «valore nominale espresso delle azioni» (fissato in un euro ciascuna), ha poi stabilito «l’introduzione della categoria di azioni fornite di diritti diversi» e infine ha deliberato la «conversione di numero 2 azioni ordinarie» di categoria A in «azioni fornite di diritti diversi» di categoria B.
Una mossa con cui Caltagirone ha iniziato a disegnare il futuro della propria holding, presieduta oggi dalla figlia Azzurra. Le due azioni di categoria B – di cui l’imprenditore romano è l’unico proprietario – possono passare solo ai «discendenti diretti»: il trasferimento, per qualsiasi motivo, a terzi determinerebbe «l’automatica conversione delle azioni di categoria B, in azioni di categoria A» con la perdita dei relativi diritti. Lo statuto allegato al verbale dell’assemblea, infatti, prescrive che qualunque delibera assembleare necessita del voto favorevole dei titolari delle azioni di categoria B cui spetta anche il diritto di presentare la lista di maggioranza per le cariche societarie.
Intanto, Generali prosegue la rincorsa verso il record storico: 36,74 euro, toccato a fine dicembre 2000. Ieri, il titolo del Leone ha chiuso la seduta in rialzo dello 0,33% a 30,7, su livelli che non si vedevano da oltre vent’anni. Abbastanza perché l’ad, Philippe Donnet, spiegasse la mossa di Unicredit – entrata nel capitale con una quota del 4,1%, più uno 0,6% di sottostante – con le prospettive offerte ai soci dal nuovo piano 2025-2027: «La mia valutazione – ha detto il manager a Bloomberg Tv – è che è un investimento finanziario perché Unicredit, come altri investitori istituzionali, ha appetito per il tipo di ritorno che noi realizzeremo nei prossimi anni». Il nuovo piano, ha spiegato Donnet, «preannuncia molta remunerazione» per gli azionisti, quindi «non sono sorpreso che investitori istituzionali abbiano interesse di unirsi a noi. Abbiamo presentato il nostro piano che è sembrato molto convincente, il mercato ha reagito piuttosto bene e abbiamo fatto bene negli ultimi anni generando dal 2016 un total shareholder return del 300%».
Tuttavia, è evidente come la mossa di Unicredit si intrecci con i tavoli aperti dall’ad Andrea Orcel, dalla scalata in Germania a Commerzbank a quella in Italia su Banco Bpm. L’assemblea di Generali, dove si consumerà lo scontro tra Mediobanca – che presenterà una sua lista di maggioranza indicando Philippe Donnet come ad – e gli azionisti Delfin e Caltagirone, si terrà l’8 maggio. Il 23 febbraio, però, si voterà in Germania per il nuovo governo, mentre la Bce si esprimerà tra il 16 febbraio e il 18 marzo sul via libera a Unicredit per la scalata a Commerz e salire al 29,9%. In Italia, invece, il governo ha 45 giorni di tempo, dalla notifica per il Golden power, per decidere se esercitare o meno il potere speciale sull’offerta di scambio per Banco Bpm: il responso dovrebbe arrivare tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. Tradotto: a maggio i voti di Unicredit potrebbero essere cruciali per la conquista di Generali, ma probabilmente Gae Aulenti si schiererà solo quando sarà chiaro il suo destino tra Milano e Berlino.
Intanto, si sta riducendo la forbice tra l’offerta di Mps e le quotazioni di Mediobanca: i titoli di Siena sono ripartiti recuperando l’1,42% a 6,3 euro, mentre Piazzetta Cuccia ha perso lo 0,79% a 15,7 euro. In questo momento lo sconto si è ridotto al 7,7 per cento. come se il mercato iniziasse a metabolizzare l’offerta.