Roberto Vannacci fa litigare tutti. Sempre di più. Sia nella maggioranza con l’eterna contrapposizione tra Lega e Fratelli d’Italia, che all’interno dello stesso partito di Giorgia Meloni, facendo venire fuori nervi scoperti. La presidente del Consiglio è furiosa nei confronti di Guido Crosetto, che notoriamente è da sempre ostile al generale. E quindi visto, seppure in maniera impropria dal punto di vista istituzionale, come una sorta mandante politico della decisione, trapelata ieri, di sospendere il generale per 11 mesi.

L’oggetto della contesa è la pubblicazione del libro Il mondo al contrario, che ha provocato effetti a catena: ha reso il generale una star mediatica proiettandolo come possibile leader a destra. Ma ha fatto aprire un’indagine interna sul suo conto.
La sanzione nei confronti del militare è stata irrogata dall’Ufficio disciplina dello Stato Maggiore, che fa capo alla Difesa. Per questo motivo è stato tirato in ballo il ministro. Nonostante la valutazione sia tecnica. Tra le tenta valutazione è emerso il rischio è che Vannacci favorisca delle azioni emulative. Una parata di generali-candidati.

SALVINI ALL’ASSALTO

Poco male. Il leader leghista Matteo Salvini ha ignorato le ragioni nel merito e ha rilanciato la polemica: «­Siamo al ridicolo». Di fatto la sospensione è diventata l’ultimo sigillo per cementare il rapporto tra Vannacci e il vicepremier, consolidato dalle indagini avviate nei giorni scorso. La candidatura come capolista alle Europee è data per cosa fatta. Per la gioia di Salvini che vuole usarlo contro Meloni.

La dinamica politica ha mandato su tutte le furie la premier, che ai suoi collaboratori ha manifestato una fortissima irritazione nei confronti di Crosetto. Anche lei lo considera il vero regista di questa operazione. Non è un mistero che la premier veda in Vannacci un pericoloso competitor, soprattutto per quell’elettorato di destra più radicale. La punizione viene vista come una persecuzione, che non danneggia bensì favorisce l’immagine del generale. Lanciandolo nell’empireo del politically incorrect. Per calcolo politico, insomma, Meloni avrebbe preferito che la storia finisse nel dimenticatoio. Senza spinte ulteriori a Vannacci.

Crosetto, da parte sua, ha spiegato di non aver avuto alcun ruolo nella vicenda: «Parliamo di procedimenti partiti mesi fa, che avvengono in modo automatico e che sono totalmente esterni dall’input dell’autorità politica perché partono da un’autorità tecnica». Un intervento chiarificatore rivolto a chiunque alimenti sospetti sul suo ruolo.

«Una volta che tutte le informazioni saranno disponibili magari i commenti saranno più appropriati», ha aggiunto. La vicenda, però, resta la spia rossa dell’alta tensione nella coalizione, aggiungendo un ulteriore tassello al mosaico degli scontri. E soprattutto denota una certa mancanza di senso delle istituzioni tra chi occupa gli uffici di Palazzo Chigi.

Di fronte a un caso così grave, sottoposto a un’inchiesta indipendente delle autorità militari, c’è chi – come Meloni – avrebbe voluto far prevalere l’aspetto politico. Crosetto, comunque, non è intenzionato a rendersi responsabile di sgrammaticature in nome di un tornaconto politico. E non ha alcun timore reverenziale verso la leader né tantomeno verso gli alleati.

MOZIONE ANTI-SALVINI

Giorno dopo giorno, quindi, il livello di tensione aumenta negli ambienti del centrodestra. E nelle prossime settimane ci sarà un termometro utile a capire lo stato dei rapporti tra Lega e Fratelli d’Italia: il 25 marzo alla Camera si voterà la mozione di sfiducia a Salvini presentata da Azione, a prima firma del capogruppo Matteo Richetti, e sottoscritta da tutte le opposizioni.

Lo spunto è il rapporto tra la Lega e la Russia, ma il dibattito sarà ampliato su ogni versante politico. Impensabile che possa essere approvata dall’aula di Montecitorio, perché la conseguenza sarebbe la fine del governo. Ma saranno sotto la lente di ingrandimento le sfumature degli interventi. Perché la misura verso Salvini è ormai colma.