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25 Giugno 2022“Si stava meglio quando si stava peggio”
25 Giugno 2022Il sindaco: accolte le nostre indicazioni. Sindacati cauti sull’esodo
Aldo Tani
siena Una colazione che spazia dal salato al dolce e, a seguire, il pranzo. A guardare i camerieri che entrano nel grande salone si corre il rischio di confondere le date. Eppure è il 2022 e Mps ha voluto rendere Rocca Salimbeni di nuovo centrale, abbandonando l’austerità ministeriale che aveva contraddistinto gli ultimi anni, segnati da appuntamenti anonimi e con Siena relegata in secondo piano. In netta contrapposizione con lo sfarzo di quando mondanità e numeri andavano a braccetto.
La via scelta per accompagnare il piano industriale, quello del sospirato rilancio — pardon, sviluppo — è una sorta di compromesso. Un evento comunque vivo, dove il buffet, i giornalisti in presenza e un conferenza stampa tradizionale, sono elementi essenziali. «Sarebbe stato più comodo presentare il piano a Roma o a Milano, ma se abbiamo scelto Siena un motivo c’è», assicura l’amministratore delegato Luigi Lovaglio.
Alla città non può bastare questo per trovare conforto, ma essere tornata nella mappa resta un segnale incoraggiante. Altri segnali contenuti nel piano industriale dovranno trovare conferme strada facendo, come ha ricordato il sindaco Luigi De Mossi: «Dalle parole si passi adesso ai fatti: dal nuovo aumento di capitale, alla ristrutturazione completa dell’istituto, e poi la cessione da parte del Tesoro a favore degli operatori di mercato interessati». Il primo passo, nella visione di De Mossi, però merita fiducia: «Nel piano trovano riscontro le indicazioni che da mesi, come amministrazione comunale, portavamo avanti per il futuro di Mps». Le stesse che erano contenute nella mozione unitaria approvata qualche giorno fa dal Consiglio comunale.
Tra i sottoscrittori l’ex sindaco Pierluigi Piccini, che non ravvisa i medesimi elementi del suo successore. «Voglio capire meglio i numeri e andrà giudicato nel lungo periodo, ma mi sento di dire che non rispetta le linee guida che abbiamo dato — sottolinea il consigliere comunale — Non mi sembra un piano di rilancio, perché tra chiusure delle filiali, tagli al personale e un focus sulla parte commerciale, riporta la banca agli anni Settanta».
Altri tempi e altra dimensione, ma oggi come allora, la differenza è nel senso di appartenenza di chi lavora all’interno di Mps. Risorse sotto tiro, perché entro la fine del 2022 in circa 3.500 dovranno lasciare la banca. Le uscite saranno su base volontaria e accompagnate dal fondo di solidarietà, ma i sindacati, pur non attaccando il piano, hanno già iniziato a predicare attenzione. Da capire se sarà sufficiente la rassicurazione data dallo stesso Lovaglio: «Io ho ottimi rapporti con la componente sindacale. Troveremo un modo di convergere tutti verso lo stesso obiettivo e comunque sarà aperto un tavolo di confronto».
Spazio essenziale per definire l’esodo, che è parte imprescindibile dell’azione di rilancio a partire dal primo gennaio 2023. «È indispensabile che si trovino, all’interno di costanti e costruttive relazioni sindacali, tutte le soluzioni per sostenere l’impegno che sarà richiesto ai dipendenti», evidenzia Fabrizio Furlan della Uilca. «La riorganizzazione di Mps appare tutta da approfondire e sviluppare e non potrà prescindere dalla valorizzazione dell’apporto professionale delle e dei dipendenti, anche con riferimento alle ricadute sull’operatività della banca e sulle condizioni di lavoro», gli fa eco Nino Baseotto della Fisac Cgil. C’è poi chi, come Lando Maria Sileoni, segretario Fabi, guarda oltre, convinto che il 2026 sia solo una tappa intermedia: «La vera sfida e il vero obiettivo è quello di assicurare una longevità che vada ben oltre la scadenza del piano industriale».
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