La Posta Letteraria “OFF”, Radicofani: sabato appuntamento col grande giornalismo di Giampaolo Pansa, il giornalista col binocolo
21 Novembre 2024Beko chiude le fabbriche, 2 mila esuberi Urso attacca il piano: “È inaccettabile”
21 Novembre 2024Armi Usa senza più freni: a Kiev anche le mine
Il limite ignoto Per fermare l’avanzata delle truppe russe nel Donetsk il Pentagono invierà i pericolosi ordigni proibiti dalla Convenzione di Ottawa. Evacuate molte ambasciate nella capitale ucraina per timore di un raid massiccio
Dopo i missili a lungo raggio, le mine antiuomo. Le ultime settimane della presidenza Biden stanno diventando una miniera d’oro per l’Ucraina che, stando ad alcune indiscrezioni pubblicate dal Washington Post, riceverà a breve una grande fornitura di questi armamenti proibiti dalla Convenzione di Ottawa.
«La Russia sta attaccando le linee ucraine nell’est con ondate di truppe, a prescindere dalle perdite – scrive il Wp – Gli ucraini ovviamente subiscono molti danni e sempre più città e insediamenti rischiano di cadere. Queste mine sono fatte appositamente per contrastare tale tendenza». Gli ufficiali che hanno passato la soffiata al quotidiano statunitense hanno inoltre palesato la «forte preoccupazione per i recenti attacchi russi contro le linee ucraine». Non sapendo come arginare i progressi delle truppe di Mosca, il Pentagono avrebbe valutato che «la fornitura di mine sia tra le mosse più utili che gli Usa possano fare per contribuire a rallentare gli attacchi russi». La fonte del Post specifica che gli esplosivi sarebbero forniti per essere utilizzati solo in territorio ucraino, soprattutto nel Donetsk, e che gli ucraini si sono impegnati a non utilizzarle in aree densamente popolate. Inoltre, si tratterebbe di ordigni in grado di autodistruggersi o di diventare inattivi, «riducendo i rischi nel medio e nel lungo termine per i civili».
MA L’ESPERIENZA che abbiamo dei conflitti del Novecento in cui sono state utilizzate le mine antiuomo ci fa temere ben altri scenari. Non può essere un caso se tra tutte le armi utilizzate dagli eserciti del mondo la maggior parte degli stati abbia deciso nel 1997 di riunirsi per firmare un impegno vincolante per «la proibizione dell’uso, stoccaggio, produzione, vendita di mine antiuomo e la loro distruzione». Tra i 133 paesi firmatari e i 164 aderenti al Trattato non figurano gli Usa, la Russia e la Cina, 3 membri su cinque del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
L’allarme sull’avanzata russa nel Donetsk si fa sempre più assillante per i sostenitori di Kiev, i quali temono che se una delle roccaforti del fronte dovesse cedere l’intero fronte potrebbe collassare. Dunque, non c’è convenzione o scadenza di mandato che tenga, per Biden l’intento è solo quello di «contribuire a una difesa più efficace» delle posizioni ucraine. Insieme alle mine Kiev riceverà a giorni un nuovo pacchetto di armi del valore di 275 milioni di dollari dagli Usa e un’altra fornitura molto ingente (che include munizioni e mezzi corazzati) dalla Germania.
IL CREMLINO ha accusato l’attuale amministrazione di Washington di «fare di tutto» per continuare la guerra nell’Est dell’Europa. Ma la giornata diplomatica a Mosca è stata segnata dall’apertura di Putin ai negoziati con la Casa bianca. Non con quella attuale, ovviamente. Il portavoce del presidente, Dmitry Peskov, ha dichiarato all’agenzia Tass di essere pronto al dialogo con la sua futura omologa statunitense, Karoline Leavitt, appena nominata da Trump. La notizia arriva dopo che in mattinata l’agenzia Reuters aveva scritto «il presidente russo è aperto a discutere con Trump un accordo per il cessate il fuoco in Ucraina, ma esclude di fare concessioni territoriali importanti e insiste che Kiev abbandoni le ambizioni di entrare nella Nato». Dal Cremlino non hanno commentato, ma Peskov ha chiarito che i russi non prenderanno in considerazione «nessuno scenario di congelamento del conflitto».
INTANTO LA GUERRA sul campo continua. Ieri Kiev ha fatto sapere di aver utilizzato i missili a lungo raggio britannici, gli Storm Shadow, contro obiettivi all’interno del territorio russo. Sui social media russi sono apparse alcune foto di frammenti di missile con la scritta in inglese ben visibile.
Nella capitale ucraina invece è stata una giornata di grande apprensione. Al mattino presto l’intelligence Usa aveva avvertito l’ambasciata a Kiev di un possibile «attacco aereo massiccio» in risposta ai raid ucraini del giorno precedente. Gli uffici dell’ambasciata hanno chiuso e il personale è stato evacuato con tanto di messaggio pubblico di avvertimento. Poco dopo l’ambasciata italiana, quella greca e quella spagnola (tra le altre) hanno preso la stessa decisione. Nel primo pomeriggio, tuttavia, l’allarme è rientrato. Molto critica l’Ucraina che ha invitato gli occidentali a non «alimentare le tensioni» e a non cadere negli «attacchi psicologici del nemico».
Biden resta con Bibi. Il veto Usa nega la tregua a Gaza
Invado avanti Per Washington il cessate il fuoco è possibile solo parallelamente al rilascio degli ostaggi. Un attacco aereo israeliano ha ucciso 36 persone nella storica città siriana di Palmira
GERUSALEMME
Nessuna sorpresa alle Nazioni unite. Il presidente uscente Joe Biden ieri ha ordinato ai rappresentanti Usa all’Onu di bloccare con il veto la bozza di risoluzione presentata dai 10 membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu per ottenere «un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente» a Gaza, «il rilascio di tutti gli ostaggi» israeliani nella Striscia e «un ingresso sicuro e senza ostacoli di assistenza umanitaria su larga scala». Il veto americano ha reso inutili i voti a favore degli altri membri del CdS.
IL VICEAMBASCIATORE Usa all’Onu, Robert Wood, ha spiegato che la richiesta di rilascio dei circa 100 ostaggi contenuta nella risoluzione non è sufficiente perché la tregua e la liberazione dei sequestrati «sono due aspetti collegati in maniera inseparabile». In sostanza, per gli Usa dovranno concretizzarsi allo stesso tempo, altrimenti niente fine dell’offensiva israeliana che ha ucciso almeno 44mila palestinesi e distrutto Gaza. Soddisfatto l’ambasciatore di Tel Aviv all’Onu, Danny Danon, che aveva definito «vergognoso» il testo della risoluzione. Hamas da parte sua ha ribadito che non libererà gli ostaggi senza la tregua definitiva a Gaza.
Il voto all’Onu è avvenuto mentre si realizzava una nuova strage nella città storica di Palmira (Tadmur), nella Siria centrale. Un bombardamento aereo attribuito a Israele ha ucciso almeno 36 persone (circa 50 i feriti), secondo quanto riferito dall’agenzia statale Sana. A Palmira ricordano ancora il massacro del 2015 compiuto dall’Isis che uccise a sangue freddo 400 civili, tra cui donne e bambini, e, pochi mesi dopo, decapitò lo stimato archeologo Khaled al Asaad davanti alle antiche colonne romane. Ieri la nuova strage è avvenuta secondo fonti locali con tre attacchi aerei distinti nella regione di Palmira contro edifici che ospitano combattenti alleati di Damasco e dell’Iran. La Siria è il fronte di guerra non dichiarato dal governo Netanyahu. Per anni Israele ha colpito in Siria presunti obiettivi legati a Teheran, ora ha intensificato le incursioni aeree per fermare presunti rifornimenti di armi da Teheran e Baghdad al movimento sciita libanese Hezbollah, in transito per la Siria. Di recente è stata presa di mira la provincia di Homs, vicina al Libano. Damasco subisce e tace, con il fine evidente di non lasciarsi coinvolgere in maniera diretta nella guerra regionale che Israele conduce contro i suoi avversari su più fronti.
A GAZA intanto resta alto lo sdegno per il saccheggio sabato scorso, da parte di criminali, di 97 dei 109 camion di un convoglio di aiuti umanitari delle Nazioni unite. L’assalto avvenuto a breve distanza dalle postazioni israeliane al valico di Kerem Shalom. Il convoglio è stato intercettato da uomini armati che hanno costretto gli autisti ad abbandonare il carico e hanno ferito diversi operatori umanitari. I soldati israeliani non si sono mossi. Impossibile che non abbiamo visto quanto accadeva, peraltro i droni sorvolano in continuazione Gaza. Il saccheggio, dicono più parti, sarebbe la conseguenza del «crollo totale dell’ordine civile» causato dalla scomparsa delle strade della polizia civile, presa di mira dall’esercito israeliano. Netanyahu a inizio settimana ha ribadito che l’obiettivo dell’offensiva a Gaza non è solo quello di distruggere le capacità militari di Hamas ma anche quelle di governo.
INTANTO la carestia resta il pericolo più grave per due milioni di civili di Gaza. Ieri elicotteri giordani, autorizzati da Israele, hanno scaricato 7 tonnellate di generi di prima necessità nel sud della Striscia. L’aviazione di Israele invece su Gaza ha scaricato altre bombe che, secondo fonti giornalistiche locali, hanno ucciso almeno 28 persone. In Cisgiordania, nel villaggio di Kufr Dan (Jenin), un giovane palestinese è stato ucciso durante un raid dell’esercito.