Prima ancora del gruppo è nato il nome: Addolorata, come la chiesa di Santa Maria ai sette dolori che si erge all’estremità dei quartieri spagnoli a Napoli. Per Matteo De Marino, Francesco Sigiu Bellettini e Joseph Troia-Assefasc, il cuore trafitto da sette spade della vergine Maria, a cui è intitolata la chiesa, è la metafora che meglio descrive l’angustia dell’epoca presente e della precarietà, la condizione nella quale si sono venuti a trovare i tre fondatori del gruppo dopo aver concluso gli studi all’accademia di belle arti. È per liberarsi da questa sofferenza che nasce la loro musica, come una specie di esorcismo contro il dolore dei nostri tempi.

Al nucleo fondativo si sono poi aggiunti Emanuele de Marino, chitarrista, Alice Gallo, cantante, e infine Pasquale Segreti, “la nostra vera voce operaia napoletana”. “Siamo più un gruppo di amici che una crew”, spiegano. “Abbiamo trent’anni e non avendo piani migliori abbiamo deciso di fare rap. Vogliamo sottolineare che abbiamo cominciato tardi, per ricordare che in realtà non è mai troppo tardi, a dispetto di quanto vorrebbe farci credere quella concezione quasi calcistica del fare musica, in cui si prediligono le baby star”.

Maschi Gamma

L’8 dicembre 2022 è uscito il loro primo album intitolato Maschi gamma, totalmente autoprodotto, che propone un continuo ribaltamento d’immaginario e di valori, a partire da che cosa significa fare musica fino a come dovremmo ripensare la società.

“La parte fondamentale del progetto è la cura delle relazioni contro il sistema ipercompetitivo in cui viviamo”, spiega Joseph Troia-Assefasc. “Formare un gruppo, una crew, una gang, che dir si voglia, è un’occasione per imparare a volersi bene, a comunicare, a mettere da parte il proprio ego per fare emergere un talento e un’intelligenza collettiva”.

Sulla funzione sociale e politica della musica, nel gruppo convivono posizioni diverse. Per De Marino, la musica di Addolorata non deve necessariamente mandare un messaggio edificante: racconta esperienze in cui chi ascolta si può riconoscere. Joseph Troia-Assefasc, invece, vive la scrittura come strumento di ricerca per capire la società ed esorcizzare la paura. In generale, i brani di Addolorata sono il frutto di una produzione collettiva in cui nessun conflitto è rimosso o silenziato, ma i problemi e le opinioni divergenti sono fatti emergere e discussi.


Per fare questo, spiega Alice Gallo , bisogna mettere in discussione quei comportamenti oppressivi o dominanti di cui siamo stati tutti vittime o portatori. “Riuscire a confrontarci quotidianamente ci permette a livello artistico di modellare i linguaggi, di superare determinati stereotipi del gangsta rap”, uno stile dai contenuti sessualmente espliciti, legati all’accumulazione di denaro e alla street credibility, “e parlare in maniera diretta”.

Il cuore di Maschi gamma sta proprio qui. Il disco prova a sovvertire il tema della mascolinità modellata dal patriarcato e dalla società della prestazione. La title-track del disco si presenta come un vero e proprio manifesto di etica non performativa, dove si sperimenta un maschile che non prevarica. Questo tema torna in punti diversi, come nella rivendicazione irriverente del pezzo Reddito di non competizione, dietro al quale vive l’idea che sia tempo di mettere in atto le politiche inattive del lavoro, quelle che consentono di lavorare meno, di riposare e di creare relazioni di cura.

Nobilitare il lavoro

In diverse tracce dell’album, il lavoro assume una posizione centrale. “Siamo prima di tutto turisti del mercato del lavoro”, racconta Emanuele De Marino. “Tra di noi c’è chi ha fatto il grafico, chi ha fatto il madonnaro per strada, abbiamo fatto di tutto, anche lavorare per due euro all’ora. In un mondo che sta bruciando, queste condizioni vanno rifiutate a testa alta”. “Ho provato a lavorare nel cinema dopo la laurea”, continua Joseph Troia-Assefasc.

“Sono stati anni di gavetta non retribuita che ho portato avanti mentre mi laureavo ed è stata una merda. Guadagnavo 450 euro al mese e tornavo a casa depresso. Qui le grandi dimissioni sono diventate cruciali: ho lasciato il lavoro e ho cambiato le priorità della mia vita”. Così facendo, Troia-Assefasc è riuscito a trasformare il lavoro e a dargli un senso. “Sicuramente faccio una vita precaria, però sto meglio. Per me il senso della musica è cambiare le regole del gioco e cercare di trasmettere alle tante persone in difficoltà la possibilità di un’alternativa”.

Nell’album non si parla solo di lavoro povero e di paghe da fame, ma di tutta quella molteplicità di aspetti che contribuiscono a rendere l’esistenza un vicolo cieco. Episodi di mobbing, l’invito a produrre sempre di più, a calpestare il prossimo se necessario, o, per chi non aderisce alle aspettative, l’accusa di non essere abbastanza bravi, creativi, spregiudicati, creano un contesto di ricatto e denigrazione, nel quale Addolorata innesta una riflessione dissacrante sul ruolo del lavoro nelle nostre vite.


Snoopy è il pezzo più a fuoco e ironico sul desiderio di sovvertire il senso comune e il nostro modello di società. Nel testo, che celebra il cane di Charlie Brown, noto per il suo desiderio di trascorrere tutte le sue giornate a dormire, ci sono riferimenti all’alternanza scuola-lavoro e agli incidenti, anche mortali, avvenuti al suo interno. Si parla di sfruttamento nel mondo della ristorazione, di reddito di cittadinanza e addirittura della necessità di riformare l’articolo uno della costituzione. In questo strano mosaico di metafore e di macerie, Addolorata sovverte le priorità sociali. Vivere non significa lavorare tanto per due soldi, a costo magari di rimetterci la vita. Significa prendersi cura uno dell’altra.

“Personalmente”, racconta Joseph Troia-Assefasc, “da quando percepisco il reddito di cittadinanza, ho cominciato a fare musica, ho dato di nuovo spazio all’amore, ho recuperato tempo prezioso”. Per Joseph, il reddito di cittadinanza non è un disincentivo al lavoro, come spesso viene detto. È un’opportunità per tentare nuove strade. “Il lavoro dovrebbe essere un progetto di cura per l’intera comunità, non una condizione di sopravvivenza e uno strumento di profitto”. Il ragazzo racconta la vergogna che prova, a volte, quando usa la carta di debito gialla in dotazione ai percettori del reddito di cittadinanza. “Siamo vittime del racconto che fanno i mezzi d’informazione sulla povertà, mentre noi vorremmo depurarla da una visione individualista e colpevolizzante”.

Il rap come cura

In questo senso, Addolorata esorcizza la sofferenza dell’epoca contemporanea con una radicalità ironica, carica di possibilità. “Il senso del nostro fare musica è trasmettere alle tante persone in difficoltà la possibilità di un’alternativa, di una via d’uscita”, riprende Gallo. “Bisogna abbandonare la narrazione del martirio come anche quella della vittima e comunicare in maniera trasparente che non siamo disponibili a questo genere di sofferenza. Facciamo musica per fare comunità, per farci vedere dalla comunità con le nostre fragilità e ripartire da esse per un ribaltamento collettivo degli schemi”.

Quando chiediamo che cosa li ha influenzati in questo percorso, emergono letture e visioni che vanno dallo scrittore Michail Bulgakov alla psichedelia fino alla fumettista iraniana Marjane Satrapi, dal marxismo eterodosso al romanzo di fantascienza Guida galattica per gli autostoppisti, passando per il filosofo Mark Fisher e la scrittrice e femminista bell hooks.

“E poi Blues brothers”, sentenzia Francesco,“il film-emblema dei falliti che combinano qualcosa”. Per continuare con “lo studio del Rinascimento psichedelicoSud e magia di Ernesto de Martino e gli scritti sulla caccia alle streghe nel medioevo, che portano all’attenzione una molteplicità di modi di vivere e sentire che sono stati schiacciati da un progresso che rimuove e sovrasta. La vita precaria è sempre un’avventura: questo significa che tra le rovine si può sempre trovare una strada, delle strade alternative”.

“Fare cultura, fare musica, deve essere un’azione di cura, non un modo per far vedere quanto si è bravi, quanti riferimenti colti si hanno, quanto si è meglio di qualcun altro”, dicono. La band s’interroga su quali siano gli attori sociali di questa transizione economica e antropologica così urgente, verso un modo di abitare la terra meno impattante, in termini lavorativi e ambientali. “Mi sento speranzoso perché l’attenzione dei più giovani nei confronti dell’ambiente adesso è molto alta”, riflette De Marino.

Alice Gallo, vent’anni, lo conferma e nei suoi mondi registra un aumento della sensibilità verso le discriminazioni, la voglia di capire le relazioni interpersonali e le questioni ambientali in maniera più profonda. Francesco invece affida le sue speranze per l’avvenire alla costruzione dello xenocomunismo, quell’utopia tecnomaterialista in base alla quale “le macchine e l’intelligenza artificiale si occupano del lavoro e l’essere umano semplicemente si gode il suo meritato tempo libero, dopo aver costruito tutta questa tecnologia”.

In un momento storico in cui parecchi riflettori sono puntati su Napoli (e sul Napoli) Addolorata incarna il senso di possibilità che nasce nelle epoche di crisi. Un riscatto che vive la stessa città e che non si limita a scalare la vetta della serie A. Mentre dozzine di produzioni cinematografiche restituiscono un’immagine a una sola dimensione, questa “Twin Peaks con tre milioni di abitanti”, come la definiscono, è un modello di società alternativa. “Napoli è nelle nostre canzoni sempre, anche in maniera inconsapevole. Speriamo che questa festa-scudetto non sia l’ennesimo modo di posare uno sguardo coloniale sulla città da parte di chi la guarda da nord verso sud, bensì un’occasione per i napoletani per uscire dalla nevrosi che spesso ci porta a rinnegare le nostre origini, per valorizzare questa capacità, intrisa nella città, di tessere legami”.