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«Siamo certi che apprez-zerete la scelta del nostro cliente di ambientare un evento di tale prestigio nella piazza Santo Spirito valorizzando in questo modo l’intero quartiere». Musica e parole di Enic, agenzia fiorentina specializzata nell’organizzazione di appuntamenti come quello di Gucci, domani e dopodomani, in occasione della sfilata (a porte chiuse) nella sede di via delle Caldaie. Così, i residenti di Santo Spirito, con una lettera arrivata in alcune, non in tutte, le buche delle lettere, hanno appreso «in via strettamente confidenziale» — c’è scritto proprio così, tra la richiesta di riserbo e il tono intimo che lusinga — di dover anche apprezzare l’ennesima svendita di un pezzo di Firenze a un privato che deve fare i propri interessi. Tutto ha un prezzo d’altra parte in questa città. Ce l’ha l’affitto di uno spazio pubblico, la piazza della basilica degli agostiniani e del Brunelleschi, che di fatto diventa inaccessibile per i due giorni dell’evento; ce l’hanno i commercianti di piazza Santo Spirito, già risarciti da Gucci per i mancati incassi e che così potranno stare chiusi serenamente. Non ce l’hanno per l’ennesima volta i disagi che i residenti dovranno patire, accontentandosi di una «pulizia straordinaria» della piazza: una sfilza-rompicapo di chiusure, parcheggi cancellati, divieti di transito perfino per i pedoni e autorizzazioni invece ai soliti van neri per la sosta dei vip pure sulla piazza di norma pedonale.
Fatta questa premessa, dati i toni e le parole della lettera di Enic, si torna di nuovo a ragionare dello sfruttamento dell’immagine di Firenze. Davvero Enic e Palazzo Vecchio ritengono che, questa è la volta della maison di moda, sia Gucci a valorizzare e portare prestigio alla nostra città, a piazza Santo Spirito, e non il contrario? Davvero per l’utilizzo e l’appropriazione privata di spazi pubblici così importanti per i pochi sopravvissuti di questo centro città, può bastare «oltre mezzo milione di euro tra donazioni, sponsorizzazioni e affitti di spazi» (speriamo vada meglio che nel 2019, se è vero come denuncia il consigliere Dmitrij Palagi che gli alberi che Gucci doveva fornire al Comune dopo un evento simile non sono mai arrivati) e una lettera agli abitanti che dovrebbero pure apprezzare la «valorizzazione» e ringraziare per la «confidenzialità»? Forse i residenti parlano una lingua diversa quando chiedono una vera valorizzazione dei rioni, delle strade e delle piazze in cui sopravvivono. Valorizzazione che non è fatta di set e lustrini, ma di contrasto serio alla rendita da overtourism, all’insicurezza che non è più solo un problema di percezione, al traffico e alla sosta selvaggia con una Ztl vera e non piegata alle esigenze del mangificio, e poi parcheggi, servizi, pulizia. Per l’assessore Jacopo Vicini «la visibilità della splendida piazza di Santo Spirito sarà di portata mondiale e dal valore inestimabile». Ma di questa visibilità c’era bisogno? Non sono due giorni di chiusure e ulteriori disagi a cambiare la difficile vita dei residenti. Per loro l’unico valore (o diritto) inestimabile, purtroppo ormai già quasi estinto, sarebbe la possibilità di vivere il centro di Firenze da cittadino.
Infine c’è un altro aspetto di questa ennesima svendita di un pezzo di Firenze (inutile elencare i precedenti): Palazzo Vecchio ha perso la voce? Possibile che ancora oggi il «sequestro» di un rione lo si debba apprendere a cose fatte o da una lettera «confidenziale» ai residenti? A cosa servono Consiglio comunale (parecchio afono bisogna dire sul caso Gucci) e Consiglio di Quartiere? Tutto è stato deciso e accettato senza che nessuno, democraticamente, potesse eccepire. Epperò il Comune ha ospitato i commercianti della piazza intorno a un tavolo con i rappresentanti di Gucci per definire i giusti risarcimenti a cui pare, com’era scontato, nessuno dei locali del mangificio di Santo Spirito si è opposto. Tutto ha un prezzo. Poi che c’entra, i diritti e i patimenti dei residenti no, ma quelli sono pure di scarso interesse. Basta una letterina, e nemmeno della sindaca o da Palazzo Vecchio .