Mentre le condizioni di salute di Silvio Berlusconi restano gravi, è ricoverato per un’infezione polmonare e sta ricevendo un trattamento di chemioterapia per una leucemia che, dicono i medici, «lo afflige da tempo», dentro Forza Italia si respira già un atmosfera da Caduta degli dei.

«Anche se dovesse farcela, Berlusconi non potrà più restare alla guida del partito che comunque, purtroppo, non controllava già da anni», dice un ex parlamentare a lui vicino. E, senza più il suo carismatico patriarca, per Forza Italia si avvicina l’ultimo atto della sua lunga storia.

LA FUGA

Da oltre un decennio Forza Italia è in continua crisi di consensi, ha visto ridursi all’osso la sua già esile struttura territoriale e scomparire o fuggire verso altri partiti i suoi amministratori locali. Oggi il partito è ridotto al suo gruppo parlamentare: 44 deputati e 18 senatori che ora si domandano quale sarà il loro futuro politico.

Nessuno sembra disposto a scommettere sulla sopravvivenza di Forza Italia come forza politica autonoma. Per mancanza di figure trainanti, di personale politico di qualità e di fondi. In parlamento, il gruppo di Forza Italia è considerato persino dagli alleati poco più che un zimbello, da bulleggiare quando tenta goffamente di alzare la testa, come in occasione del fallito tentativo di sgambetto all’elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato.

Dopo quasi trent’anni di storia, Berlusconi non è riuscito a creare non solo un erede, ma nemmeno una classe dirigente in grado di sopperire al lento appanamento del carisma e dell’intelligenza politica del leader.

L’attuale coordinatore e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è considerato anche dai suoi una figura non all’altezza. La senatrice Licia Ronzulli che, nel bene o nel male, negli ultimi anni aveva imposto al partito una sorta di guida sfruttando il suo accesso privilegiato all’anziano leader, è stata estromessa poche giorni fa.

Nel vuoto di leadership, la fetta più grossa di parlamentari sembra già pronta a spostarsi su Fratelli d’Italia che, nonostante i primi segnali dell’inevitabile calo di consensi, appare ancora la forza più vitale del centrodestra. Qualcuno potrebbe optare per la Lega, ma chi voleva andare con Matteo Salvini ha già preso da tempo questa strada, osserva un ex parlamentare. La Lega inoltre sembra avere i suoi problemi a livello di consensi ed è difficile che possa promettere molto ai nuovi arrivi.

I più moderati tra gli esponenti di Forza Italia sperano in un miracolo di Matteo Renzi, una qualche trovata centrista che consenta loro di collocarsi in un partito almeno minimamente affine ai loro elettori. Dentro Forza Italia molti sentono Renzi più vicino di Carlo Calenda e il leader di Azione in ogni caso si è circondato di ex berlusconiani, come Mariastella Gelmini, che con il partito hanno rotto bruscamente e che hanno poca voglia di avere nuovi concorrenti in una formazione le cui possibilità di crescita appaiono quanto meno dubbie.

Le ultime mosse di Renzi, comunque, non confortano i futuri ex berlusconiani. Renzi ha promesso una pausa dalla politica e ha annunciato la sua intenzione di diventare direttore del Riformista, mentre la fusione tra Azione e Italia Viva per ora sembra proseguire il suo cammino.

COSA RESTA

Le opzioni dei berlusconiani sono poche. Senza Berlusconi, o con un Berlusconi indebolito dalla malattia, le fonti di finanziamento del partito sono destinate ad esaurirsi e questo significa dipendere ancora di più da gruppi parlamentari destinati a svuotarsi.

Le possibilità che Forza Italia ha di continuare ed esistere almeno come nome in parlamento dipendendono da Giorgia Meloni. Se la leader di Fratelli d’Italia sentirà il bisogno di mantenere in vita una gamba parlamentare apparentemente moderata a sostegno del suo governo, allora la vecchia bandiera azzurra potrebbe sopravvivere per qualche tempo.

In quel caso, Tajani potrebbe restare come ultimo alfiere del berlusconismo attorniato da una sparuta pattuglia di ultimi fedelissimi. Per molti questo è lo scenario più realistico. Una Forza Italia-paravento converebbe a Meloni anche in Europa. Con il putiniano Berlusconi in un modo o nell’altro fuori dai giochi, per il Partito popolare europeo sarebba ancora più facile sostenere il governo italiano, e Tajani, che del Ppe è un conosciuto veterano, sarebbe un’utile trait d’union.

Resta aperta la questione della fine che faranno i voti del partito, che come tutto dentro Forza Italia, appartengono a Berlusconi. Sono lontanissimi i tempi del 30 per cento alle europee del 1994 o quelli del 38 per cento raccolto col nome Pdl alle politiche del 2008. Ma ancora oggi Forza Italia raccoglie un 8 per cento di voti che fa gola a molti. La partita è aperta e Berlusconi, che nella vita ne ha vinte tante, su quest’ultima non potrà più influire.